Nel ciclo riverse, viene portata in scena la teoria gestaltica o (controscambio) delle figure ambigue, fenomeno percettivo legato alla fisiologia della visione. Le figure femminili appaiono come frame passanti all’interno del campo visivo come identità unica tagliata in mezzo. In realtà osservano meglio le siluette che non sono altro che shape di tazze giapponesi affiancati, si possono leggere le differenze che caratterizzano le due figure femminili in un apparente unità data dalla vicinanza dei corpi.
La fragilità plastica delle porcellane dialoga con il vuoto che crea passanti di luce su una (soglia) a temporale senza dimensione e con locazione. La suggestione dell’identità e apparenza solo apparente, sottolinea l’umana necessità di catalogazioni e schemi continui.